utorak, 23. lipnja 2009.

Il Commercialista in Rete

una cambiale regolarmente emessa può essere avallata da un terzo indata successiva alla data di emissione della cambiale medesima ? vale adire : il pagamento di una cambiale può essere garantito con avallo(dato nel rispetto di quanto prevede la normativa) postosuccessivamente alla data di emissione e sottoscrizione della cambialeche si intende avallare o l'avallo, per essere valido, deve essereposto contemporaneamente con la sottoscrizione della cambiale medesima?

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Quesito: comodato furgone.
ho una SRL ed ho appena acquistato un furgone che però non dovrò guidare io ma una mia collaboratrice che a sua volta possiede un'altra azienda individuale. Dalla vostra risposta ho capito che posso farle un contratto di comodato gratuito, che posso detrarmi il leasing e che l’assicurazione la devo intestare alla mia società (come è già ora).A questo punto vorrei sapere: 1 Se posso inserire qualche clausola per tutelarmi da eventuali multe prese dal comodatario (che arriverebbero a me, visto che sono intestataria del mezzo); vorrei anche tutelarmi civilmente e penalmente da incidenti e danni di responsabilità del comodatario (compreso l’eventuale malus sul premio dell’assicurazione, anch’essa intestata a me). Come è possibile inserire questa specificazione nel contratto di comodato? Io avrei messo questa voce:Il comodatario si obbliga a pagare le spese occorrenti all’uso del bene oggetto del presente contrat­to. In particolare eventuali multe che dovessero interessare il periodo di uso del mezzo da parte del comodatario. I punti per infrazioni al CdS verranno detratti dalla patente del conducente del mezzo. In caso di incidente con responsabilità totale o parziale del comodatario egli è responsabile civilmente e penalmente sia nei confronti dei terzi, sia nei confronti del comodante.Ma non riesco a definire bene l’aspetto che riguarda il malus …. …2 Il comodatario può far guidare il mezzo da altre persone (amici, parenti, collaboratori)?. A me non importa, basta che il comodatario sia chiaramente responsabile delle conseguenze.3 Ho scritto nel contratto che il comodato è precario e non è esclusivo. Va bene? 4 Basta la data certa o ci vuole una registrazione vera e propria?5 È possibile “prestare” ogni tanto in comodato il furgone ad una persona fisica per eseguire un trasporto di beni propri? Bisogna fare un contratto ogni volta? A me servirebbe un qualche foglio firmato per essere sicura che se presto il mezzo e succede qualcosa io non sia responsabile e possa rivalermi su qualcun altro (altrimenti non lo presto…). Bisogna apporre data certa anche su questo? E se la persona è sempre la stessa si può fare un contratto che valga, che ne so, qualche ora alla settimana? E come deve essere fatto?

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Quesito: IRPEF lavoratore dipendente ambasciata.
Sono un lavoratore dipendente in una ambasciata(Francia)in Italia.Sono 13 anni che lavoro con un contratto ha tempo indeterminato,ho pagatosempre le tasse cioè iperf,ma non so'Se devo pagarle ancora dato che i nostri colleghi in altre ambasciatecompreso chi lavora al vaticano non le pagano.Purtroppo su questa faccenda non ci sono tanta persone competenti,ho chistoinformazioni a tanti commercialisti;Chi dice si chi no ma di sicuro non c'è mai stata una risposta esatta.
Se Lei puo' darmi alcune spiegazioni?

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Quesito: professione personal trainer.
Stò intraprendendo la professione di personal trainer in una Associazione dilettantistica.La mai domanda è questa: per la parte eccedente i 7500 euro all'anno io sono obbligato a presentare la dichiarazione dei redditi da quello che ho capito; ma sono anche obbligato ad aprire una mia posizione inps ed inail oppure no???

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Tracciamento elettronico delle attività doganali.

Con la nota n. 82556 del 17 giugno 2009, l'agenzia delle Dogane ha fornito le indicazioni necessarie per l'avvio, dal 1° luglio 2009, del sistema di registrazione e di identificazione degli operatori economici Eori. (Economic Operator Registration and Identification).

L'introduzione del sistema, fissata dal Regolamento della Comunità europea n. 312 del 16 aprile 2009, rientra tra le iniziative finalizzate alla creazione di un ambiente lavorativo alleggerito dei supporti cartacei necessari per le pratiche doganali. Prevede, per gli operatori economici o meglio, più in generale, per tutti coloro che esercitano attività disciplinate dalla regolamentazione doganale, anche occasionalmente, l'attribuzione di un codice identificativo unico, detto Eori, valevole per tutto il territorio comunitario.

Tale codice è composto da un codice alfanumerico lungo al massimo 15 caratteri ed è preceduto da un prefisso identificativo dello Stato che lo attribuisce (IT per l'Italia).

Va utilizzato nei rapporti tra gli operatori economici e le Amministrazioni doganali e per lo scambio di informazioni tra le Amministrazioni doganali dei diversi Stati membri della Comunità.

Con la nota 82556, l'agenzia delle Dogane regolamenta, di fatto, le procedure necessarie sia per l'ottenimento del codice Eori che per il suo utilizzo nelle dichiarazioni doganali.

Per semplificare al massimo il processo di registrazione nel database Eori, la stessa Agenzia provvederà alla registrazione automatica di tutti i soggetti nazionali che - in qualità di speditore/esportatore, importatore, rappresentante, obbligato principale - hanno effettuato operazioni doganali in Italia nel corso degli ultimi due anni:

ai soggetti titolari di partita IVA attiva viene attribuito un codice Eori composto dalla partita Iva già posseduta preceduta dalla sigla IT

ai soggetti non titolari di partita IVA attiva e diversi da persona fisica viene attribuito un codice Eori composto dal codice fiscale preceduto dalla sigla IT

alle persone fisiche che hanno agito in qualità di dichiarante/rappresentante o di obbligato principale viene attribuito un codice Eori composto dai primi 15 caratteri del codice fiscale (senza quindi l'ultimo carattere di "controllo") preceduto dalla sigla IT. Nelle dichiarazioni presentate in Italia sarà richiesta l'indicazione del codice Eori, comunque seguito dal carattere di "controllo".

I soggetti italiani che effettueranno operazioni doganali per la prima volta dopo il 30 giugno 2009 saranno registrati in modo automatico nel database Eori.

Attenzione: quanto sopra non vale per le persone fisiche che hanno effettuato operazioni in qualità di speditore/esportatore o di destinatario, alle quali non sarà attribuito in automatico il codice Eori, per via della natura generalmente non commerciale delle operazioni effettuate. Gli stessi potranno continuare a operare, come speditore/esportatore o destinatario, facendo uso del codice fiscale preceduto dalla sigla IT, anche dopo il 30 giugno prossimo.

Gli operatori non stabiliti nel territorio doganale della Comunità e ancora sprovvisti del codice Eori, devono essere registrati prima di svolgere attività nella UE. Registrarsi è semplice. Basta presentare, presso un qualsiasi ufficio territoriale dell'agenzia delle Dogane, la richiesta di attribuzione del codice Eori, redatta sul modello disponibile - anche in inglese - nella sezione ecustoms.it del sito internet delle Dogane.

La richiesta può essere presentata anche dai soggetti stabiliti in Italia che vogliono ottenere il codice Eori prima di effettuare un'operazione doganale nel territorio nazionale, perché ad esempio intendono operare in un altro Stato membro.

È infine previsto che ciascun Stato membro dovrà inviare la base dati dei soggetti Eori registrati, e i successivi aggiornamenti, ai servizi centrali della Commissione europea, che li renderà disponibili agli altri ventisei Paesi. Sul sito internet della Commissione - D.G. Taxud saranno pubblicate le informazioni anagrafiche relative al codice attribuito, al nome e cognome (ovvero alla ragione sociale) e all'indirizzo di residenza o della sede legale dei soggetti Eori, che abbiano fornito il loro assenso.



Fonte: Agenzia Entrate


Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Immobili abitativi in leasing, riscatto con il valore commerciale.

In caso di leasing traslativo di un immobile a uso abitativo, il riscatto finale da parte dell'utilizzatore è una disposizione perfettamente autonoma rispetto all'acquisto da parte del concedente. È, quindi, irrilevante che l'imposta proporzionale di registro sia già stata assolta sull'acquisto dell'immobile da parte della società di leasing e che sia stata inclusa nei canoni versati dall'utilizzatore.

L'operazione di riscatto da parte dell'utilizzatore integra gli estremi di una cessione esente ai fini Iva. Pertanto, per quel che riguarda il trattamento tributario cui assoggettare l'operazione in questione, trovano applicazione - in deroga al principio di alternatività Iva/Registro - le imposte d'atto con le ordinarie aliquote proporzionali.

Per le imposte di registro e ipocatastali, la base imponibile relativa al riscatto è costituita dal valore venale in comune commercio dell'immobile. Tale valore è costituito dal prezzo di riscatto finale del bene, aumentato dei canoni, depurati della componente finanziaria.

Questi, in sintesi, i chiarimenti forniti dall'Agenzia delle Entrate con la risoluzione n. 163/E del 22 giugno.

Una società ha presentato un'istanza di interpello per conoscere, in relazione all'operazione di riscatto di un immobile abitativo, dalla stessa condotto in locazione finanziaria, su quale base imponibile e con quali aliquote debbano essere calcolate le imposte di registro, ipotecaria e catastale.

Dopo aver premesso che l'imposta proporzionale di registro è stata assolta all'atto di acquisto dell'immobile da parte della società di leasing, l'istante ritiene che la base imponibile dell'operazione di riscatto dell'immobile debba essere costituita dal prezzo di riscatto e che le imposte ipotecaria e catastale dovute debbano essere compensate con quanto corrisposto dalla società di leasing al momento dell'acquisto del bene.

A supporto della soluzione prospettata, l'istante richiama la giurisprudenza della Corte di cassazione secondo cui il leasing traslativo non è un vero e proprio contratto di compravendita bensì uno strumento finanziario.

La risoluzione precisa, innanzitutto, che per consolidata giurisprudenza di legittimità, nel leasing traslativo il riscatto della proprietà del bene contraddistingue la funzione assegnata dalle parti al contratto (cfr Cassazione, sentenze 18229/2003 e 18195/2007).

Nella fattispecie prospettata dall'istante, è previsto l'esercizio dell'opzione di acquisto da parte dell'utilizzatore alla scadenza del contratto. La volontà delle parti trasfusa nelle clausole contrattuali è, quindi, quella di far acquistare la proprietà dell'immobile.

L'acquisto da parte del concedente e il riscatto finale da parte dell'utilizzatore sono, in questo caso, disposizioni perfettamente autonome ai fini delle imposte sui trasferimenti. Pertanto, è irrilevante che l'imposta proporzionale di registro sia già stata assolta sull'acquisto dell'immobile da parte della società di leasing e che sia stata inclusa nei canoni versati dall'utilizzatore.

Sul versante Iva, il documento di prassi, inoltre, fa presente che l'articolo 35, comma 8, lettera a), del Dl 223/2006, ha profondamente innovato il regime fiscale dell'imposta relativa alle cessioni di beni immobili.

Secondo il riformulato comma 8-bis) dell'articolo 10 del Dpr 633/1972, le cessioni di immobili a destinazione abitativa sono, in via generale, operazioni esenti da Iva, tranne quelle effettuate dalle imprese costruttrici, oppure dalle imprese che hanno realizzato sul fabbricato interventi di recupero edilizio, entro quattro anni dalla data di ultimazione dei lavori di costruzione o di ristrutturazione (articolo 31, lettere c), d) ed e), della legge 457/1978).

Detto ciò, visto che la fattispecie prospettata non è riconducibile tra le ipotesi di imponibilità previste dalla norma, l'operazione di riscatto da parte dell'utilizzatore integra gli estremi di una cessione esente ai fini Iva.

Quindi, per quanto attiene il trattamento tributario cui assoggettare l'operazione in questione, trovano applicazione - in deroga al principio di alternatività Iva/Registro di cui all'articolo 40, comma 2, del Dpr 131/1986 (Tur) - le imposte d'atto con le ordinarie aliquote proporzionali.

Il Registro va versato nella misura del 7% e le imposte ipotecaria e catastale, nella misura complessiva del 3 per cento.

Per quanto concerne il secondo quesito posto dall'istante, relativo all'individuazione del valore da assumere come base imponibile su cui la parte, in sede di rogito del riscatto della proprietà, deve liquidare le suddette imposte d'atto, la risoluzione rinvia a quanto precisato nella circolare 12/2007.

Con specifico riferimento agli immobili strumentali, il richiamato documento di prassi precisa che, ai sensi dell'articolo 51, comma 2, del Tur - cui espressamente rinvia il decreto legislativo 347/1990, concernente le imposte ipotecaria e catastale - la base imponibile è costituita dal valore venale in comune commercio dell'immobile. Essa, pertanto, viene individuata nel prezzo di riscatto finale del bene, aumentato dei canoni, depurati della componente finanziaria. Tale ammontare costituisce l'effettivo valore di scambio attribuibile all'immobile, tenuto conto dei vincoli contrattuali che gravano su di esso.

Il criterio individuato per la determinazione della base imponibile in sede di riscatto della proprietà di un immobile strumentale deve essere adottato anche per gli immobili a uso abitativo, non sussistendo validi motivi per discostarsene.

A corollario dei chiarimenti forniti, l'Agenzia precisa, infine, che le disposizioni contenute rispettivamente nei commi 10-ter) e 10-sexies) dell'articolo 35 del Dl 223/2006, sono rivolte esclusivamente ai fabbricati strumentali e, pertanto, non sono applicabili al caso in esame.



Fonte: Agenzia Entrate


Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Quesito: acquisto casa al prezzo-valore.
Sto per acquistare una casa e vorrei capire se posso far richiesta di far applicare il prezzo-valore. La parte venditrice è una società immobiliare che ha dato in appalto i lavori ad una società di costruzioni.Vi sarei grato se poteste fornirmi un parere in merito.

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



lunedì 22 giugno 2009
Quesito: ricevuta fiscale produttore agricolo.
Salve,faccio parte di un Gruppo d'Acquisto Solidale. Acquistiamo soprattutto prodotti alimentari, ma non solo, direttamente dai produttori.Vorrei sapere se ci sono casi in cui un produttore agricolo non è tenuto a emettere ricevuta fiscale? e se ci sono casi in cui un consumatore non è tenuto a pagare l'IVA?

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 1 commenti



Quesito: ricevuta prestazione infermieristica.
Vorrei utilizzare una infermiere neo laureata per assistere a ore mio figlio disabile ma vorrei avere le ricevute fiscali per il 730. La persona che ho trovato non ha partita iva e non lavora Secondo voi può fare ricevute fiscali valide e entro quale limite? Da ultimo ho degli adempimenti ad es operargli la ritenuta d’acconto?

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 1 commenti



Quesito: delucidazioni su cedolino.
faccio parte di una ditta con contratto metalmeccanico da circa 7 anni (sono tecnico di computer).da un po' di tempo (credo inizio dell'anno) succedono cose strane sul mio cedolino: ogni qualvolta prendo giorni di ferie mi vengono detratte come ritenute 101,79€ giornaliere e poi mi viene aggiunta come 'p.i.r. goduti' la medesima cifra.inoltre, per ogni festività mi viene detratta la somma di 84,66€ per poi aggiungermela alla successiva voce.la mia domanda è: è giusto? ma se sono assunto regolarmente sia le ferie che le festività non mi devo essere retribuite?purtroppo i miei datori di lavoro non sono italiani e se chiedo spiegazioni mi vengono date solo parole fugaci...vi chiedo gentilmente spiegazioni, se ce ne fossero...

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



sabato 20 giugno 2009
Quesito: dubbi su compilazione UNICO.
ho una situazione che a me sembra abbastanza complicata ai fini di compilare l'Unico di quest'anno.
L'anno scorso ho avuto due rapporti di lavoro dipedente e quindi ho due CUD.Ho lavorato in Italia fino a fine novembre. Il primo di dicembre ho iniziato a lavorare in Svizzera con un datore di lavoro svizzero trasferendomi con tutta la famiglia che era ed è totalmente a mio carico.
Da quella data risiedo in Svizzera con regolare permesso B ma per varie complicanze i miei due bambini e mia moglie ancora non ricevono il permesso di soggiorno anche se la locale amministrazione ha dato più volte comunicazione che i permessi erano in fase di emissione, ma ogni volta ha richiesto documentazione aggiuntiva per poterli emettere definitivamente.
Per questo motivo non ho ancora fatto l'iscrizione all'AIRE perchè mi aspetto che appena arrivano i permessi di soggiorno per i miei congiunti, su tali permessi ci sarà impressa la data del primo dicembre 2008 come data di inizio soggiorno.
Quindi mi ritrovo in una situazione in cui ho i seguenti dubbi:
il mio domicilio fiscale è ancora in Italia? Io credo di si anche se in effetti lavoro in Svizzera e ai fini dell'Unico sono stato in Italia 11 mesi su 12.Il fatto di essere stato 11 mesi su 12, ai fini delle detrazioni per familiari a carico, comporta che io debba indicare 11 mesi o 12?Per le deduzioni relative agli interessi passivi sul mutuo per la prima casa posso considerare tutte le 12 quietanze o solo 11?Lo stipendio del mese di dicembre percepito in Svizzera devo dichiararlo in qualche modo sull'Unico? Su questo ho pagato le tasse in Svizzera.Per l'acconto relativo all'addizionale regionale, visto che quando arriveranno i permessi la mia residenza credo sarà retroattiva, è corretto che lo versi? Dovrei forse versarlo e l'anno prossimo rifare la dichiarazione per richiederne il rimborso?Abbiamo acquisto degli occhiali in dicembre in Italia, possiamo portarli in deduzione?

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 1 commenti



Quesito: mancata presentazione 730.
Mi e’ arrivata una cartella di € 2700 irpef dell’anno 2004, lavoratore dipendente, che in quell’anno ricevevo anche la liquidazione in quanto la ditta poi ha chiuso.Sembrerebbe che non ho presentato il 730,era necessario?O sto’ pagando per omissioni o errori da parte della ditta?Ero costretta a fare il 730?

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 1 commenti



Quesito: Errore compilazione modello unico.
il mio commercialista non ha inserito nel modello unico relativo agli anni 2007 e 2008 gli importi relativi agli interessi passivi del mutuo dell'abitazione principale e le tasse universitarie da me pagate, nonostante fossero state fornite le ricevute relative. Me ne sono accorto solo ora in quanto mi è arrivata la sanzione da pagare in quanto invece che a credito risultavo a debito con l'Erario.E' possibile in qualche modo rimediare all'errore, oppure sono ormai scaduti i termini temporali?

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 1 commenti



Quesito: Sopravvivenza di una s.a.s.
Ho una s.a.s. con mio padre, nella quale mio padre è unico socio accomandatario con il 70% delle quote ed io unico socio accomandante con il 30%.Purtroppo le condizioni di salute di mio padre mi lasciano temere il peggio.Considerando che materialmente io mi occupo in maniera esclusiva della gestione ordinaria dell'azienda ed è mia intenzione voler proseguire nell'attività, cosa accadrebbe nella ipotesi (mi auguro remota) di decesso di mio padre, considerando che ho mia madre e due sorelle che compongono la famiglia (eredi). Sicuramente non c'è l'intenzione delle mie due sorelle ne quanto meno di mia madre di entrare nella società, ma allo stesso tempo sono convinto che farebbero di tutto per mettermi nella condizione di salvare la società e proseguire nel lavoro.Come proseguirà la gestione ordinaria e contabile della società già dal giorno dopo la scomparsa di mio padre, dal punto di vista della denominazione societaria e delle responsabilità giuridiche (che io sono pronto ad accollarmi)?Ho mia moglie che sarebbe disponibile ad entrare nella società per ripristinare la pluralità dei soci e gli eredi sicuramente non obbietterebbero.

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 1 commenti



Quesito: detrazione del 55% - iva su fattura.
scrivo perchè ho difficoltà a capire come deve farmi la fattura l'impresa edile che ha preso in appalto la ristrutturazione della mia casa. So che per avere la detrazione fiscale del 55% sulla fattura deve comparire materiale e manodopera, quello che mi chiede l'impresa è l'iva che deve applicarmi è corretta che è del 10%? Ma la detrazione del 55% è solo sul materiale o anche sulla manodopera? E a sua volta che aliquota iva deve applicare il produttore dei serramenti all'impresa edile?

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Quesito: comodato d'uso attività commerciale.
Gestisco un impianto di distribuzione carburanti e ho il contratto in comodato d'uso. Un ragazzo ha chiesto se in uno dei locali su cui ho il comodato può esercitare un'attività d pulizia interni...Io ho letto gli articoli che regolano questo tipo di contratto e sò che non posso darlo neanche gratuitamente a terzi. Se però emettessi delle fatture a mio nome piuttosto che farle emettere a lui, risulta ugualmente che effettua un'attività su un locale in comodato d'uso???

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 1 commenti



Quesito: iscrizione gestione commercianti INPS.
I SOCI DI UNA SNC CHE GESTICONO UNA PALESTRA (CODICE ATECOFIN 931300, IN PRECEDENZA 92616) E CHE NON SVOLGONO TALE ATTIVITÀ IN MODO PREVALENTE DEVONO ESSERE ISCRITTI ALLA GESTIONE COMMERCIANTI?NEL 2000, AL MOMENTO DELL''APERTURA DELL''ATTIVITÀ, L''INPS RISPOSE AL NOSTRO QUESITO CHE "LE PALESTRE CHE SVOLGONO UN''ATTIVITÀ CONTRADDISTA DAL CODICE ISTAT 92616 NON SONO ISCRIVIBILI ALLA GESTIONE COMMERCIANTI; EVENTUALI DIPENDENTI DEVONO ESSERE ISCRITTI ALL''ENPALS. NEL CASO IN CUI VENGANO EFFETTUATI DEI CORSI DI FORMAZIONE (CON ALTRO CODICE ATTIVITÀ) ANDRÀ VALUTATO CASO PER CASO".AD OGGI, L'ISTITUTO, DOPO CHE LA SOCIETÀ È CESSATA NEL 2008, CONTESTA AI SOCI LA MANCATA ISCRIZIONE ALL''INPS COMMERCIANTI: COME CI DOBBIAMO COMPORTARE? POTETE INDICARMI DELLA NORMATIVA DI RIFERIMENTO?

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 1 commenti



Iva, l'errata esposizione in fattura non solleva dall'onere fiscale.

La questione portata all'attenzione della Corte di Giustizia (procedimento C 566/07) ha origine da una controversia insorta tra un'impresa con sede nei Paesi Bassi che esercita attività di noleggio, assemblaggio e smontaggio di stand per fiere ed esposizioni e il Fisco olandese. Tra il 1993 e il 1995 la società ha effettuato servizi in Germania e in altri Stati terzi per conto di un ufficio di diritto pubblico con sede nei Paesi Bassi e dipendente dal ministero dell'Economia. L'ufficio si avvale dei servizi dell'impresa olandese unicamente nell'ambito di attività che non sono soggette a Iva nei Paesi Bassi e, in quanto parte integrante di un ente pubblico, non ha diritto alla detrazione dell'Iva. Da notare che le fatture per i servizi forniti al di fuori del territorio dei Paesi Bassi, espongono gli importi dovuti a titolo di imposta sull'Iva applicabile ad analoghi servizi forniti all'interno del territorio.

La posizione del Fisco

Nel 1996 il Fisco olandese comunica all'impresa che non era tenuta al versamento dell'imposta sull'Iva nei Paesi Bassi per le prestazioni di servizi effettuate fuori del territorio. L'impresa provvede quindi a richiedere il rimborso delle imposte versate e dato che l'Amministrazione finanziaria lo subordina alla rettifica delle fatture rilasciate all'ufficio per cui erano stati effettuati i servizi, l'impresa trasmette all'Amministrazione una copia della nota di accredito emessa. L'impresa ottiene quindi il rimborso delle somme. Nel 2000, a seguito di un controllo, il Fisco olandese rileva, però, che l'impresa non soltanto non ha emesso alcuna nota di accredito a favore dell'ufficio ma non ha neanche rettificato le fatture e tantomeno provveduto a restituire alcun importo. Per questo motivo emette nei riguardi dell'impresa un avviso di accertamento per l'importo delle somme rimborsate.

Il ricorso alla corte d'appello

Contro l'avviso di accertamento l'impresa propone ricorso e, di fronte al rigetto, si rivolge alla Corte d'Appello di l'Aja che dichiara nullo l'avviso. Secondo il giudice d'appello la rettifica delle inesattezze in fatturazione non è necessaria in quanto non vi è alcun rischio di perdita del gettito fiscale. Infatti data la natura dell'ufficio per cui l'impresa ha effettuato i servizi, il diritto a detrazione dell'imposta sull'Iva non è ammissibile.



Il ricorso per cassazione

L'Amministrazione finanziaria olandese a sua volta, contro la decisione della Corte d'appello, presenta ricorso per cassazione. A sostegno della propria tesi sottolinea che l'impresa non ha diritto a conservare il rimborso dell'imposta sull'Iva in quanto non ha rettificato gli errori di fatturazione.

La tesi del giudice del rinvio

Il giudice del rinvio decide di sospendere il giudizio, per sottoporre alla Corte due questioni pregiudiziali. La prima per sapere se non è dovuta l'Iva nello Stato membro in cui risiede o opera chi emette la fattura, nel caso in cui l'imposta sia addebitata su tale fattura per una operazione effettuata in un altro Stato membro o in un Paese terzo. La seconda per sapere se gli Stati membri possano assoggettare la rettifica dell'Iva, erroneamente fatturata e pertanto dovuta in forza di questa disposizione, alla condizione che il soggetto passivo consegni al destinatario delle sue prestazioni una fattura di rettifica su cui non è esposto alcun importo di Iva. E questo nel caso in cui una fattura, secondo l'articolo 21, n. 1 lettera c della sesta direttiva, sia stata rilasciata a un destinatario che non ha diritto alla detrazione dell'Iva (per cui non si configura alcun rischio di perdita di gettito fiscale).

Le conclusioni della Corte: la prima questione pregiudiziale

Secondo la Corte nel momento in cui si espone l'Iva in una fattura si diventa debitori dell'imposta e ciò indipendentemente da qualsiasi obbligo di versarla per il fatto che l'operazione sia soggetta a Iva. Di conseguenza il luogo di prestazione dei servizi, oggetto della fattura, non ha alcun rilievo per l'insorgenza del debito d'imposta che è invece dovuto per il solo fatto che l'Iva è esposta sulla fattura. Inoltre secondo i giudici il fatto che l'Iva, in base all'attuale normativa comunitaria, sia dovuta indipendentemente dall'obbligo di versarla perché l'operazione è soggetta a Iva ha una sua precisa funzione: eliminare il rischio di perdita del gettito fiscale che può derivare dal diritto a detrazione. E anche se il diritto a detrazione dell'Iva è limitato soltanto alle imposte che corrispondono a una operazione soggetta a Iva, il rischio di perdita del gettito fiscale permane fino a quando il destinatario di una fattura che espone un'Iva non dovuta la può utilizzare per esercitare questo diritto. Per i giudici l'Iva è dovuta nello Stato membro a cui corrisponde l'Iva esposta in fattura, anche se l'operazione non è imponibile in questo Stato membro. Spetta al giudice del rinvio verificare a quale Iva dello Stato membro corrisponda quella esposta in fattura. E questo tenendo conto di tutti gli elementi pertinenti come l'aliquota applicata, la valuta in cui è esposto l'importo da versare, la lingua di redazione, il contenuto e il contesto della fattura, le sedi di chi l'ha emessa e del destinatario delle prestazioni di servizi effettuate.

Le conclusioni della Corte: la seconda questione pregiudiziale

Sulla seconda questione i giudici ritengono che, subordinare la rettifica dell'Iva erroneamente esposta in fattura alla sua rettifica, non oltrepassa, in linea di principio, quanto si richiede per eliminare il rischio di perdita del gettito fiscale. Inoltre dato che il Fisco olandese subordina la rettifica dell'Iva al rimborso della tassa indebitamente pagata, a chi ha usufruito dei servizi, da parte di chi ha emesso la fattura, la normativa comunitaria non impedisce a un ordinamento nazionale di negare la restituzione di tasse indebitamente percepite. E questo nel caso in cui vi siano condizioni tali da determinare un arricchimento senza causa. La valutazione dipende da una serie di elementi che spetta al giudice del rinvio compiere. In particolare se l'accordo tra le parti contempli prezzi fissi per la remunerazione dei servizi effettuati o prezzi di base aumentati dalle imposte applicabili. Ne consegue secondo i giudici che nulla vieta a "uno Stato membro di assoggettare la rettifica dell'imposta sul valore aggiunto dovuta, unicamente in quanto erroneamente esposta nella fattura rilasciata, alla condizione che il soggetto passivo consegni al destinatario delle prestazioni di servizi effettuate una fattura di rettifica nella quale non sia esposta la suddetta imposta, qualora tale soggetto passivo non abbia, in tempo utile, eliminato completamente il rischio di perdita del gettito fiscale".




Fonte: Agenzia Entrate


Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Ritenute su dividendi in ambito Ue.

La Corte di Giustizia Ue, con la sentenza del 18 giugno (procedimento C - 303/07), e definendo una domanda di pronuncia pregiudiziale, consolida il proprio orientamento giurisprudenziale in merito alla corretta interpretazione della normativa sulla distribuzione di dividendi tra società residenti in Paesi comunitari diversi, le libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali.

L'oggetto della controversia

La domanda è stata proposta nell'ambito di un procedimento avviato da una società di diritto finlandese. Oggetto della controversia il prelievo di una ritenuta alla fonte sui dividendi da distribuire a una società d'investimento a capitale variabile (Sicav) di diritto lussemburghese con sede in Lussemburgo.

In sostanza, attivando la procedura del rinvio pregiudiziale, il giudice a quo ha posto alla Corte la seguente questione: se gli articoli 43 CE, 48 CE, 56 CE e 58 CE ostino alla normativa di uno Stato membro che esenta dalla ritenuta alla fonte i dividendi distribuiti da una controllata residente in tale Stato a una società per azioni o a un fondo d'investimento stabiliti nello stesso Stato, ma che assoggetta a tale ritenuta alla fonte i dividendi di natura analoga versati a una società controllante d'investimento a capitale variabile residente in un altro Stato membro, che ha una forma giuridica sconosciuta nell'ordinamento giuridico del primo Stato e, nel contempo, non risulta nell'elenco delle società di cui all'art. 2, lett. a), della direttiva 90/435, ed è esente dall'imposta sul reddito in applicazione della normativa dell'altro Stato membro.

Cosa stabilisce la direttiva

La direttiva 23 luglio 1990, n. 435/90/CEE sul regime fiscale comune applicabile alle società madri e figlie di Stati membri diversi (GU L 225, pag. 6), come modificata dalla direttiva del Consiglio 22 dicembre 2003, 2003/123/CE, ha introdotto, nei Paesi dell'Unione europea, una disciplina fiscale di esenzione del dividendo ricevuto da una società figlia europea residente in Stato diverso e ha soppresso, sui dividendi, il prelievo alla fonte al momento del pagamento nel Paese di provenienza dei dividendi stessi.

L'articolo 3, n. 1, lett. a), primo comma, in particolare, prevede che, ai fini dell'applicazione di quest'ultima, la qualità di società madre è riconosciuta a ogni società di uno Stato membro che abbia una delle forme enumerate nell'elenco di cui al citato articolo 2, possieda una partecipazione minima del 20% nel capitale di una società di un altro Stato membro e soddisfi le medesime condizioni. Tale percentuale di partecipazione minima è del 10% a decorrere dal 1° gennaio 2009.

Secondo l'articolo 5 della direttiva, inoltre, gli utili distribuiti da una società figlia alla sua società madre sono esenti dalla ritenuta alla fonte.

I rilievi indicati

Nel caso di specie non è contestato che una società per azioni o un fondo d'investimento di diritto finlandese stabiliti in Finlandia che percepiscono dividendi da un'altra società altresì stabilita in questo Stato membro siano, in linea di principio, esentati dall'imposta su questi ultimi, ma l'assoggettamento a ritenuta alla fonte dei dividendi versati da una società residente a una società non residente, non qualificata quale società nella fattispecie, una Sicav (articolo 2 della direttiva 90/435.

Le peculiarità della Sicav

Questo meccanismo impositivo produce, per effetto della ritenuta alla fonte, a carico della società beneficiaria non residente non qualificata come società (articolo 2 della direttiva 90/435) un'imposizione a catena su tali dividendi che, viceversa, non trova applicazione per i dividendi percepiti da una società per azioni o da un fondo d'investimento residenti. La questione denunciata si traduce, dunque, in una evidente distorsione fiscale della normativa dei dividendi tra società controllanti. Tale comportamento è vietato dagli articoli 43 CE e 48 CE, a tutela delle libertà di stabilimento riconosciute alle società operative in altri Stati membri. Infatti così facendo le società orienterebbero le loro scelte imprenditoriali di acquisizione, creazione ovvero di mantenimento della controllata, in funzione della normativa dello Stato membro. La circostanza che la forma giuridica della Sicav lussemburghese non residente non esista nel diritto finlandese non legittima, per i giudici comunitari, la possibilità che si possa applicare un trattamento differenziato in quanto esso si tradurrebbe non soltanto nella violazione della libertà di stabilimento ma anche nel diverso trattamento fiscale delle ritenute alla fonte sui dividendi percepiti da una Sicav di diritto lussemburghese rispetto a quelli percepiti da una società per azioni di diritto finlandese.

Le conclusioni

La sentenza della Corte Ue, sulla base dei princìpi che caratterizzano le libertà di stabilimento e di circolazione dei capitali ma anche tenendo conto anche dei margini di autodeterminazione normativa da parte degli Stati membri, ribadisce quanto già statuito nella famosa sentenza Amurta, C-379/05 dell'8 novembre 2007. Secondo gli eurogiudici, a prescindere dall'applicazione della direttiva madre-figlia, "gli articoli 43 e 48 del Trattato CE ostano a una disciplina fiscale nazionale che, mentre esenta in tutto o in parte da imposizione i dividendi percepiti da società residenti, assoggetta invece ad un prelievo più oneroso quelli corrisposti a società residenti in altri Stati membri: tale disciplina si risolve infatti in una restrizione discriminatoria alla libertà di stabilimento".


Fonte: Agenzia Entrate


Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Benefici economici concessi agli studenti meritevoli.
I benefici economici corrisposti agli studenti meritevoli sono riconducibili nella disciplina dettata per le borse di studio. Pertanto, sono soggetti a ritenute a titolo d'acconto se corrisposti da sostituto d'imposta o da amministrazioni dello Stato.

risoluzione n. 156/e del 12 giugno 2009

Fonte: Min.Finanze

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Studi di settore. Approvazione della revisione congiunturale.
Non sono soggetti ad accertamento da studi di settore i contribuenti che, per il periodo d'imposta 2008, dichiarano - anche a seguito dell'adeguamento - ricavi o compensi di ammontare non inferiore a quello risultante dall'applicazione degli studi stessi integrati con i correttivi di nuova approvazione. Così ha disposto, tra l’altro, il decreto che ha approvato la revisione congiunturale speciale degli studi di settore.

dm 19 maggio 2009 (gu n. 138 del 17 giugno 2009)


Fonte: Min.Finanze

Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



venerdì 19 giugno 2009
Eccezione alla deducibilità delle spese telefoniche.

Le spese di telefonia fissa e mobile costituenti costi di commessa che concorrono al reddito d'impresa, sono sottratte alla deducibilità limitata all'80% (articolo 102, comma 9, del Tuir), qualora non suscettibili di uso promiscuo e direttamente afferenti ai ricavi di esercizio. Escluse dal limite anche le medesime spese sostenute dalla società in qualità di mandatario senza rappresentanza in nome proprio e per conto del mandante.

Nel caso in esame, il mandante è un Comune che ha affidato alla società istante l'incarico di acquisire le apparecchiature e i sistemi di telefonia fissa e mobile (centrali telefoniche, linee telefoniche, linee di rete pubblica, ecc).

Con la risoluzione n. 162/E del 18 giugno, l'Agenzia chiarisce i dubbi sul corretto trattamento tributario da applicare alle spese di telefonia che la società dovrà effettuare.

L'istante ritiene che si possa applicare l'integrale deduzione sia delle spese di telefonia costituenti i costi di commessa, sia di quelle che deve sostenere in nome proprio e per conto del Comune.

L'Agenzia richiama, in primo luogo, la norma che prevede la limitazione della deducibilità per le spese di telefonia: "le quote d'ammortamento, i canoni di locazione anche finanziaria o di noleggio e le spese di impiego e manutenzione relativi ad apparecchiature terminali, per servizi di comunicazione elettronica ad uso pubblico di cui alla lettera gg) del comma 1 dell'articolo 1 del codice delle comunicazioni elettroniche, di cui al decreto legislativo 1 agosto 2003, n. 259, sono deducibili nella misura dell'80 per cento" (articolo 102, comma 9, del Tuir).

Ricorda, poi che, al riguardo, la Finanziaria 2007 ha introdotto delle novità: inizialmente il limite di deducibilità era del 50% e interessava solo la telefonia mobile. La legge di bilancio ha elevato la soglia all'80% estendendola anche alle apparecchiature fisse.

Il limite alla deducibilità, rileva l'Agenzia, è dovuto al fatto che i servizi telefonici sono suscettibili, per le loro caratteristiche tecniche, di uso promiscuo in quanto non sussiste la possibilità di valutare che l'utilizzo sia effettivamente riferibile all'esercizio d'impresa. Pertanto, le spese di comunicazione elettronica che, concorrendo in via indiretta allo svolgimento dell'attività aziendale, si prestano ad un uso promiscuo, sono soggette al limite di deducibilità.

Nel caso in esame, invece, le apparecchiature che la società deve acquisire per conto del Comune non possono essere destinate a un uso personale: il contribuente, infatti, mediante la tenuta della contabilità analitica, è in grado di dimostrare che le spese di telefonia sono direttamente riferibili all'attività e concorrono alla formazione del reddito d'impresa. Di conseguenza non si applica la limitazione prevista dall'articolo 102, comma 9, del Tuir.

Per quanto riguarda le spese di telefonia sostenute dalla società in qualità di mandatario senza rappresentanza, queste ultime costituiscono dei costi, con la limitata deducibilità, solo per il Comune. Per l'istante, il cui ricavo è rappresentato dalla provvigione pattuita, si configurano come mere movimentazioni finanziarie, che non confluiscono nel reddito.



Fonte: Agenzia Entrate


Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Gli studi di settore per il 2008.

L'illustrazione delle principali novità introdotte in materia di studi di settore in vigore per l'annualità 2008. E' il contenuto della circolare n. 29/E del 18 giugno 2009, un documento con il quale l'agenzia delle Entrate si è soffermata, in particolare sulle modifiche normative introdotte con la "manovra d'estate" (Dl 112/2008), sui nuovi indicatori di normalità economica e sulla revisione congiunturale degli studi di settore, disposta dal decreto legge 185/2008.

Analizziamo più in dettaglio i diversi punti della circolare.

I nuovi termini d'approvazione degli studi di settore

L'articolo 33, comma 1, del Dl 112/2008, ha modificato sostanzialmente i termini precedentemente previsti per l'approvazione degli studi di settore. In particolare, la norma (disponendo l'eliminazione, nel comma 1 dell'articolo 1 del Dpr 195/1999, del periodo in cui veniva prevista la possibilità di applicare le disposizioni dei commi da 1 a 6 dell'articolo 10 della legge 146/1998 anche nel caso in cui "gli studi di settore siano pubblicati nella Gazzetta Ufficiale entro il 31 marzo del periodo d'imposta successivo a quello di entrata in vigore") ha di fatto reso possibile, a partire dal periodo d'imposta 2008, l'utilizzazione degli studi in sede di accertamento solamente se pubblicati prima della scadenza del periodo d'imposta cui si riferisce l'accertamento stesso.

La nuova disposizione ha anche previsto che la pubblicazione degli studi di settore nella Gazzetta Ufficiale deve avvenire, a partire dall'anno 2009, entro il 30 settembre del periodo d'imposta in cui è stabilita la loro entrata in vigore (per il solo periodo d'imposta 2008, il termine per la pubblicazione è stato fissato al 31 dicembre 2008).

Il rispetto dei nuovi termini stabiliti per l'approvazione degli studi diventa, pertanto, condizione necessaria per l'utilizzazione degli stessi nell'attività di accertamento, posta in essere con riferimento al periodo d'imposta relativo alla loro entrata in vigore e a quelli successivi.

Gli studi di settore e il "federalismo fiscale"

Il Dl 112/2008 (all'articolo 83, commi 19 e 20) ha posto le basi per una futura elaborazione dei nuovi studi di settore su base regionale o locale. Tale processo di elaborazione dovrà avvenire, sulla base di quanto esplicitamente previsto dalla norma, entro il lasso di tempo compreso tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2013.

In attuazione di tale disposto normativo, e per l'individuazione delle concrete modalità applicative, è stato emanato lo scorso 19 maggio un decreto del ministro dell'Economia e delle Finanze (pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 139 del 18 giugno 2009). In particolare, è previsto che l'elaborazione dei singoli studi di settore venga effettuata sulla base di "criteri compatibili con la metodologia prevista dal comma 1 dell'articolo 62-bis del decreto legge 30 agosto 1993, n. 331", tenendo conto delle differenze che si possono manifestare a livello territoriale in termini di prezzi e di tariffe nella prestazioni di servizi e nella cessione di beni, nonché in merito ai modelli organizzativi con cui viene svolta la specifica attività economica.

Il decreto citato, inoltre, prevede la partecipazione dei Comuni all'interno sia della Commissione degli esperti sia degli Osservatori regionali, al fine di garantire l'effettiva elaborazione degli studi di settore su base regionale o locale e, soprattutto, per individuare l'eventuale esistenza di specifiche condizioni di esercizio delle singole attività economiche a livello locale; condizioni che possono risultare rilevanti sia ai fini della revisione degli studi che della relativa applicazione in sede di accertamento.

Indicatori di normalità economica

Per il periodo d'imposta 2008, è stata sottoposta a revisione la seconda tranche di studi costruiti tenendo conto degli specifici indicatori di normalità economica, di cui al comma 2 dell'articolo 10-bis, legge 8 maggio 1998, n.146.

Tali nuovi indicatori, definiti con modalità particolarmente strutturate, basate su una approfondita analisi economica, contribuiscono a garantire un grado di precisione della stima dei ricavi o compensi di gran lunga superiore rispetto a quello fornito dagli indicatori approvati con il decreto del 20 marzo 2007.

Essendo definiti già in fase di elaborazione dei nuovi studi, essi formano parte integrante degli studi medesimi e il contribuente dovrà, pertanto, confrontare i propri ricavi/compensi dichiarati con quelli risultanti dall'applicazione della tradizionale analisi della congruità e della nuova analisi di normalità economica.

In caso di incoerenza, rispetto agli indicatori, vengono determinati maggiori ricavi/compensi, i quali devono essere sommati sia al valore puntuale sia al valore minimo stimato dall'analisi di congruità dello studio di settore.

Per gli studi relativi alle attività professionali, con il decreto 23 dicembre 2008, sono stati approvati i seguenti indicatori: "Rendimento orario", "Incidenza delle altre componenti negative sui compensi", "Incidenza dei costi residuali di gestione sui ricavi" e "Rapporto ammortamenti sul valore storico dei beni strumentali mobili".

Per gli studi relativi alle attività d'impresa, sempre con il citato decreto, sono stati, invece, approvati differenti indicatori che possono variare da studio a studio, in relazione alle specifiche particolarità che caratterizzano ognuno di essi.

In particolare, per la maggior parte di questi ultimi studi, sono stati individuati gli indicatori: "Incidenza degli ammortamenti per beni strumentali mobili rispetto al valore storico degli stessi", "Incidenza dei costi per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione finanziaria rispetto al valore storico degli stessi", "Incidenza dei costi per beni mobili acquisiti in dipendenza di contratti di locazione non finanziaria rispetto al valore storico degli stessi", "Durata delle scorte", "Incidenza del costo del venduto e del costo per la produzione di servizi sui ricavi" e "Incidenza dei costi residuali di gestione sui ricavi".

I nuovi indicatori di normalità economica utilizzati con riferimento alle attività d'impresa presentano due novità essenziali rispetto a quelli utilizzati per il periodo d'imposta 2007:

1) la suddivisione dell'indicatore relativo all'incidenza dei costi di disponibilità dei beni strumentali mobili in tre distinti indicatori, al fine di tener conto della diversa entità e natura delle variabili di costo da cui questi possono essere costituiti (ammortamenti, canoni di locazione finanziaria e canoni di locazione non finanziaria)

2) l'introduzione di un nuovo indicatore di normalità sull'incidenza del costo del venduto e di produzione dei servizi sui ricavi, al fine di contrastare i fenomeni più marcati di manipolazione dei dati attinenti i costi variabili di produzione. Infatti, qualora venga dichiarato un valore negativo, o in alcuni casi nullo, dei costi variabili di produzione, il sistema permette di attribuire a tali costi un valore economicamente più plausibile, compatibilmente con gli altri dati riportati dal contribuente.

Revisione congiunturale degli studi di settore

Con l'articolo 8 del decreto legge 185/2008 è stata disposta una "revisione congiunturale" degli studi di settore, al fine di consentire le integrazioni necessarie per tener conto degli effetti che la crisi economica e dei mercati ha generato nel corso del periodo d'imposta 2008, con particolare riguardo a determinati settori o aree territoriali.

In attuazione di tale disposizione, il decreto del ministro dell'Economia e delle Finanze del 19 maggio 2009 ha introdotto quattro tipologie di correttivi, che sono stati altresì sottoposti, ai sensi del comma 7 dell'articolo10, legge 146/1998, alla Commissione degli esperti, che, nella riunione del 2 aprile 2009, ha espresso parere favorevole sulla loro idoneità.

Le analisi effettuate per l'integrazione degli studi di settore hanno tenuto conto delle informazioni già presenti nella banca dati degli studi di settore, dei dati della contabilità nazionale, delle comunicazioni Iva 2008/2007, degli elementi acquisiti presso istituti ed enti specializzati nell'analisi economica e dei dati raccolti attraverso appositi questionari.

Sulla base di tali analisi, sono stati realizzati interventi idonei a produrre effetti non solo a livello dei diversi settori economici, ma anche con riferimento ai singoli modelli organizzativi, alle specifiche situazioni individuali e in relazione alla localizzazione territoriale.

In particolare, i quattro diversi tipi di intervento individuati rispondono all'esigenza di tenere in debita considerazione il sensibile incremento dei costi delle materie prime e del costo del carburante, della rigidità di alcuni fattori impiegati nel processo produttivo (personale impiegato, beni strumentali eccetera), della presenza di consistenze di magazzino tendenzialmente più alte a causa della contrazione delle vendite, e delle contrazioni dei margini e delle redditività registrati nelle diverse attività economiche.

Le quattro tipologie di correttivi definiti nel citato Dm riguardano:

1. correttivi relativi all'analisi della normalità economica

2. correttivi relativi al costo delle materie prime, al costo del carburante, al credito d'imposta per caro petrolio e al familiare che svolge esclusivamente attività di segreteria

3. correttivi congiunturali di settore legati alla cosiddetta "riduzione dei margini di redditività "

4. correttivi congiunturali individuali collegati alla cosiddetta "contrazione dei ricavi".

Tutti i correttivi sopra indicati sono automatici, in quanto vengono applicati direttamente sulla base delle informazioni richieste ai singoli contribuenti negli appositi campi del quadro X, e agiscono secondo un meccanismo che può essere definito "a cascata" e che prevede l'applicazione prima dei correttivi di cui al punto 4 e, successivamente, dei correttivi di cui ai punti 1, 2 e 3.

Per accedere ai correttivi relativi all'analisi della normalità economica è necessario che il soggetto presenti una riduzione dei ricavi/compensi dichiarati per il periodo d'imposta 2008, rispetto a quelli relativi al periodo d'imposta 2007. Mentre, per l'applicazione dei correttivi di cui ai punti 2 e 3, il soggetto dovrà risultare non congruo alle risultanze dello studio di settore, nonostante le modifiche apportate nella stima dei ricavi/compensi dai correttivi sulla normalità economica.

L'applicazione dei correttivi congiunturali individuali, collegati alla "contrazione dei ricavi" (punto 4), è subordinata alla duplice condizione della non congruità ai risultati degli studi di settore e della contrazione dei ricavi/compensi dichiarati ai fini della congruità per il periodo d'imposta 2008 rispetto ai ricavi o compensi dichiarati storici di riferimento.

I ricavi o compensi storici di riferimento sono costituiti, per la maggior parte degli studi di settore, da quelli dichiarati ai fini della congruità per il periodo d'imposta 2007; per alcuni studi del comparto manifatture (tessile - abbigliamento - calzature, ceramica, occhialeria e oreficeria), dai ricavi dichiarati per il periodo d'imposta 2004; per lo studio relativo al commercio al dettaglio di abbigliamento (UM05U), infine, dalla media dei ricavi dichiarati per i periodi d'imposta 2005, 2006 e 2007.

Nella circolare, l'Amministrazione finanziaria ha precisato che le risultanze degli studi che tengono conto dei correttivi di cui al decreto del 19 maggio 2009 trovano applicazione, ai fini dell'accertamento, per il solo periodo d'imposta 2008, poiché tali risultanze tengono conto degli effetti della crisi economica relativa a tale periodo, e quindi non sono applicabili con riguardo ad annualità precedenti.

Resta comunque ferma la possibilità di utilizzare, anche per periodi d'imposta precedenti al 2008, le risultanze degli studi di settore approvati in evoluzione con decreti del ministro dell'Economia e delle Finanze 23 dicembre 2008 (studi ante crisi), ove ciò venga chiesto dal contribuente.

Da ultimo, occorre sottolineare che l'agenzia delle Entrate ha ritenuto opportuno rappresentare che l'introduzione dei correttivi "anticrisi" non configura una "evoluzione" degli studi di settore ma, stante il disposto normativo, una "integrazione degli stessi".

Pertanto, ai fini dell'adeguamento ai risultati degli studi, ricorre l'obbligo del versamento della maggiorazione del 3% della differenza tra i ricavi/compensi risultanti dall'applicazione degli studi di settore e i ricavi/compensi annotati nelle scritture contabili, qualora detta differenza sia superiore al 10% dei ricavi/compensi annotati (articolo 2, comma 2-bis, Dpr 195/1999).

Le principali novità della modulistica studi di settore 2009

All'interno della sezione "frontespizio" del modello studi di settore, relativa all'inizio e/o cessazione dell'attività, è stato inserito un ulteriore codice ("codice 5") che individua la causa di esclusione dall'applicazione degli studi "cessazione dell'attività nel corso del periodo d'imposta, senza successivo inizio della stessa entro sei mesi dalla sua cessazione". Qualora si verifichi tale ipotesi, il contribuente dovrà sempre segnalare la causa di esclusione dagli studi di settore anche nel modello Unico 2009, indicando il "codice 2" nel primo rigo dei quadri RE, RF, RG. L'introduzione del nuovo codice consente ai soggetti interessati di presentare il modello studi di settore, così come previsto dall'articolo 1, comma 19, secondo periodo, della legge 296/2006, indicando anche il numero dei mesi di durata dell'attività nell'apposito campo posto nel frontespizio.

A decorrere dal periodo d'imposta 2008 è terminato il "regime transitorio" previsto dal decreto 11 febbraio 2008, che ha abolito l'obbligo dell'annotazione separata dei componenti rilevanti ai fini degli studi di settore, e la disciplina giuridica prevista per le imprese multiattività entra a pieno regime.

Pertanto, i soggetti che esercitano due o più attività d'impresa, non rientranti nel medesimo studio di settore, dovranno compilare l'apposito prospetto delle "Imprese multiattività" del modello relativo all'attività prevalente esclusivamente qualora l'importo complessivo dei ricavi derivanti dalle attività non prevalenti sia superiore al 30% dell'ammontare complessivo dei ricavi dichiarati. In tali casi (attività non prevalenti superiori al 30%), le risultanze dello studio di settore non potranno essere utilizzate direttamente ai fini dell'attività di accertamento ma esclusivamente ai fini della selezione delle posizioni da sottoporre a controllo con le ordinarie metodologie.

Risulta utile, infine, segnalare che, a seguito dell'introduzione della nuova disciplina dedicata ai cosiddetti "contribuenti minimi", la casella F30 del quadro F del modello studi di settore andrà compilata esclusivamente nel caso di "esenzione Iva".

Le novità di Gerico 2009

Tra le principali novità presenti nel software di applicazione Gerico 2009, si evidenzia la visualizzazione di ulteriori informazioni nella sezione "Risultati Congruità e Normalità", in ordine agli effetti dovuti ai nuovi correttivi "anticrisi".

In particolare, qualora ricorrano le condizioni per l'intervento dei correttivi che agiscono sull'analisi di normalità economica, il software indica, in corrispondenza della legenda recante il nome dell'indicatore di normalità interessato dalla correzione, la dicitura integrativa "indicatore corretto per effetto crisi 2008".

Invece, in presenza dell'applicazione degli altri "correttivi crisi" (relativi al costo delle materie prime, al costo del carburante, congiunturali di settore e congiunturali individuali), viene specificamente visualizzato il contributo da essi apportato in termini di riduzione della stima dei ricavi/compensi complessivi, sotto il titolo "Applicazione dei correttivi riferiti alla crisi economica 2008".

Parametri

L'Agenzia, nella circolare in commento, ha sottolineato che, a causa della particolare congiuntura economica in atto, la ricostruzione dei ricavi e compensi operata attraverso le risultanze dei parametri, istituiti dalla legge 549/1995, potrebbe risultare meno sostenibile rispetto al passato. Quindi, relativamente al solo periodo di imposta 2008, tali risultanze verranno utilizzate prevalentemente in fase di selezione dei soggetti. Pertanto, gli uffici nello svolgimento delle loro attività d'accertamento, dovranno verificare la sussistenza, oltre che della presenza di maggiori ricavi o compensi derivanti dall'applicazione dei parametri, anche di ulteriori elementi ad ausilio della determinazione della pretesa tributaria.



Fonte: Agenzia Entrate


Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Niente studi di settore per l'affitto dell'unica azienda.

Nel corso del Forum online organizzato dal Sole 24 Ore, l'Agenzia delle Entrate ha chiarito che l'esclusione da studi permane per l'intera durata del contratto per la società che affitta l'unica azienda. Invece, qualora l'affitto riguardi solamente uno o più rami d'azienda, lo studio continua a trovare applicazione.

Fonte: Il Sole 24 Ore


Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Modello per compensazione volontaria.

Debutta la nuova procedura di compensazione volontaria. Equitalia invierà ai contribuenti iscritti a ruolo, che contemporaneamente vantano crediti d'imposta, una proposta per compensare i due importi.

L'agenzia delle Entrate, al momento dell'erogazione dei rimborsi d'imposta, trasmette l'elenco dei beneficiari a Equitalia che individua, all'interno di questo, chi è iscritto a ruolo e chi no.

La nuova lista viene restituita alle Entrate, che provvede a mettere a disposizione di ciascun agente della riscossione gli importi corrispondenti alle somme iscritte a ruolo non riscosse, comprensive degli interessi e delle spese. L'agente della riscossione sospende le azioni di recupero e notifica una proposta di compensazione agli aventi diritto al rimborso.

Il modello predisposto da Equitalia (vedi direttiva del 15 giugno) dovrà contenere il dettaglio delle somme iscritte a ruolo, le informazioni sugli sportelli dell'agente della Riscossione (indirizzi, orari e giorni di apertura), il modulo di adesione e l'elenco dei documenti da allegare.

Se accetta di compensare il debito, il contribuente dovrà restituire personalmente allo sportello competente, via fax o tramite posta, entro 60 giorni dalla ricezione della proposta, una copia del modulo di adesione, compilata e firmata, allegando la documentazione richiesta.

La mancata risposta da parte del contribuente entro 60 giorni, verrà considerata come rifiuto della proposta di compensazione; trascorsi 80 giorni dalla notifica della stessa senza un feedback positivo, l'agente della Riscossione riprenderà l'attività di recupero delle somme iscritte a ruolo.

In caso di adesione alla compensazione, Equitalia tratterrà le somme per il quale il contribuente è debitore, nei limiti dell'importo oggetto della compensazione, rilasciando apposita quietanza, e ne darà comunicazione all'agenzia delle Entrate, la quale erogherà direttamente al beneficiario la somma eventualmente eccedente.

Sono escluse dalla procedura di compensazione le partite oggetto di sgravio, rateazione o sospensione, quelle per le quali sono stati effettuati versamenti ex articolo 12 della legge 289/2002 ed ex articolo 25, comma 3-quater, del decreto legislativo 472/1997, e quelle relative a soggetti deceduti.

La possibilità di pagare le somme iscritte a ruolo utilizzando crediti d'imposta è stata prevista dal Dl 262/2006 (articolo 2, comma 13), che ha inserito l'articolo 28-ter all'interno del Dpr 602/73. L'agenzia delle Entrate, con provvedimento direttoriale del 29 luglio 2008, ha fissato le modalità di trasmissione dei flussi informativi tra Equitalia e Amministrazione finanziaria.



Fonte: Agenzia Entrate


Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



mercoledì 17 giugno 2009
Tassazione dei redditi prodotti all'estero.

Il contribuente è tenuto a dichiarare come redditi di lavoro dipendente e i redditi assimilati (come le pensioni e i compensi per le collaborazioni coordinate e continuative, ora collaborazioni a progetto) percepiti in Italia da contribuenti residenti all'estero. In particolare, sono soggetti a tassazione (e all'obbligo di dichiarazione) i redditi:

- percepiti dal residente di uno Stato estero con il quale non esiste una Convenzione contro le doppie imposizioni;

- percepiti dal residente di uno Stato estero con il quale è stata stipulata una Convenzione contro le doppie imposizioni in base alla quale tali redditi debbono essere assoggettati a tassazione sia in Italia che nello Stato estero;

- percepiti dal residente di uno Stato estero con cui è stata stipulata una Convenzione contro le doppie imposizioni che prevede che tali redditi debbano essere tassati esclusivamente in Italia.

La normativa nel dettaglio

Nelle fattispecie di cui ai punti a) e b) il contribuente ha diritto, nel proprio Paese di residenza fiscale, al credito per le imposte pagate all'estero a titolo definitivo a norma di quanto disposto nell'articolo 165 del Tuir. La disposizione, come modificata dall'articolo 11 del decreto legislativo n. 247 del 18 novembre 2005, prevede infatti che, dove alla formazione del reddito complessivo concorrano redditi prodotti all'estero, le imposte pagate a titolo definitivo su tali redditi siano ammesse in detrazione dall'imposta netta dovuta fino alla concorrenza della quota d'imposta corrispondente al rapporto tra i redditi prodotti all'estero e il reddito complessivo al netto delle perdite di precedenti periodi d'imposta ammesse in diminuzione.

La detrazione e le modalità di calcolo

Ovviamente l'applicazione della detrazione avverrà separatamente per ciascuno Stato nell'ipotesi in cui il reddito complessivo corrisponda al coacervo dei redditi prodotti in più Stati esteri. Sulle modalità di calcolo della detrazione, poi, occorre tener presente che essa deve essere calcolata nella dichiarazione relativa al periodo d'imposta cui appartiene il reddito prodotto all'estero a cui si riferisce l'imposta a condizione che il pagamento a titolo definitivo avvenga prima della sua presentazione. Viceversa, nel caso in cui l'imposta dovuta in Italia per il periodo d'imposta in cui il reddito estero ha concorso a formare l'imponibile è stata già liquidata, si procede a nuova liquidazione tenendo conto anche dell'eventuale maggior reddito estero. La detrazione si opera dall'imposta dovuta per il periodo d'imposta cui si riferisce la dichiarazione in cui è stata richiesta. Nell'ipotesi in cui il contribuente abbia pagato l'imposta all'estero può chiederne il rimborso all'autorità estera in base alle procedure da questa stabilite.

Le disposizioni convenzionali

La maggior parte delle Convenzioni (con Argentina, Australia, Belgio, Canada, Francia, Germania, Regno Unito, Spagna, Svizzera e Stati Uniti) prevede che gli stipendi pagati da un datore di lavoro residente all'estero siano tassati esclusivamente nel Paese di residenza se il lavoratore percettore lavoratore residente all'estero presta la sua attività in Italia per meno di 183 giorni e l'onere non è sostenuto da una stabile organizzazione o base fissa che il datore di lavoro ha in Italia. In tali casi gli stipendi non vanno dichiarati allo Stato italiano.

I redditi da lavoro dipendente

Il reddito dei dipendenti che pur avendo soggiornato all'estero per più di 183 giorni nell'arco di dodici mesi sono considerati residenti in Italia in quanto rileva, secondo il comma 8 bis dell'articolo 51 del Tuir, che i soggetti abbiano mantenuto in Italia i propri legami familiari e il centro dei propri interessi patrimoniali e sociali. Tale reddito è determinato sulla base delle retribuzioni convenzionali definite annualmente con decreto del ministro del Lavoro e delle politiche sociali (per l'anno 2008 si fa riferimento al decreto ministeriale del 16 gennaio 2008).

Il trattamento fiscale delle pensioni

Le pensioni sono soggette a un regime diverso. Esse, infatti, sono imponibili comunque in Italia e tanto anche se corrisposte a soggetti non residenti dallo Stato italiano, da enti residenti nel territorio dello Stato o da stabili organizzazioni nel territorio stesso. Con alcuni Paesi sono in vigore Convenzioni per evitare le doppie imposizioni sul reddito, in base alle quali le pensioni corrisposte a cittadini non residenti sono tassate in modo diverso a seconda che si tratti di pensioni pubbliche (ossia corrisposte dallo Stato italiano, da una sua articolazione politica o amministrativa o da un suo ente locale) ovvero di pensioni private (ossia quelle corrisposte da enti, organismi o istituti previdenziali italiani preposti all'erogazione de trattamento pensionistico (ad esempio l'Inps). Le pensioni "pubbliche" sono imponibili soltanto in Italia mentre le pensioni private sono imponibili soltanto nel Paese di residenza del beneficiario.

Le borse di studio

Per quanto riguarda le borse di studio è previsto, in genere, dalle Convenzioni per evitare le doppie imposizioni, che le somme che gli studenti e gli apprendisti percepiscono, allo scopo di provvedere al mantenimento e alla loro istruzione e formazione, non sono imponibili in Italia qualora sussistano entrambe le seguenti condizioni: siano percepite da soggetti non residenti, o che erano non residenti immediatamente prima di giungere nel nostro paese, che qui soggiornano al solo scopo di compiere gli studi o completare la propria formazione; provengano da fonti estere.

Collaborazioni coordinate e continuative (ora collaborazioni a progetto)

Per quanto riguarda i redditi derivanti da collaborazioni coordinate e continuative, ora collaborazioni a progetto (introdotte dalla legge n. 30 del 14 febbraio 2003), se questi non sono imponibili in Italia sulla base delle disposizioni convenzionali, il sostituto di imposta italiano può applicare direttamente l'esenzione secondo le normali procedure previste nel caso di agevolazioni convenzionali. Qualora invece il reddito risulti imponibile in Italia, l'imposizione avviene secondo le disposizioni della normativa nazionale in materia. Pertanto il sostituto opera una ritenuta a titolo d'imposta sulla parte imponibile del reddito e questo non dovrà essere indicato in dichiarazione.

In particolare l'agenzia delle Entrate, rispondendo a un quesito posto da una società in merito al trattamento fiscale e previdenziale da applicare a un collaboratore coordinato e continuativo che presta la propria attività in Italia a società italiana, mantenendo la residenza fiscale all'estero (nel caso specifico in Slovenia) ha chiarito (circ. n. 9/E del 26 gennaio 2001) che, nel caso in cui la prestazione svolta rientri fra quelle indipendenti, secondo la definizione rinvenibile nelle convenzioni contro le doppie imposizioni (nel caso in questione, tra Italia e Jugoslavia) e, per lo svolgimento di tale attività, il soggetto non utilizzi una base fissa in Italia, o non permanga in Italia più di 183 giorni, il reddito è imponibile soltanto nello Stato di residenza. Tuttavia se il soggetto svolge una attività indipendente in Italia per più di 183 giorni il reddito ricavato da tale attività è imponibile in entrambi i Paesi mentre se dispone di una base fissa per lo svolgimento dell'attività, il reddito attribuibile a tale base fissa è imponibile in entrambi i Paesi. Infine se la prestazione svolta non rientra fra quelle indipendenti il reddito è imponibile, in via generale, in entrambi i Paesi, salva l'eventuale applicazione del paragrafo 2) dell'articolo 15 della Convenzione (stipulata in applicazione del modello Ocse che prevede che le figure definite "atipiche" di collaborazioni coordinate e continuative, e, quindi, la generalità delle collaborazioni a progetto siano da ricondurre alla disciplina del lavoro dipendente, da assoggettare a contribuzione, in linea di massima, nello Stato in cui l'attività è svolta) .

In particolare, negli esempi proposti, l'imposizione in Italia sarà pari al 30%, a titolo d'imposta, così come disposto dall'articolo 24 del Dpr 600/73.

Contratti specifici ed esecuzione di prestazioni all'estero

Sono, invece, esclusi dall'ambito applicativo del richiamato articolo 3 comma 2, e sono, pertanto, assoggettati al nuovo regime impositivo dell'articolo 48 comma 8-bis del Tuir i lavoratori dipendenti residenti in Italia che soggiornano all'estero per un periodo superiore a 183 giorni nell'arco di un periodo di 12 mesi, "in forza di uno specifico contratto che prevede l'esecuzione della prestazione all'estero in via esclusiva e continuativa, previa collocazione nel ruolo estero"Allo stesso modo, non rientrano nella previsione dell'articolo 3 comma 2 della legge n. 388 del 2000 e sono sottoposte a imposizione in Italia secondo le ordinarie modalità di tassazione, le seguenti tipologie di redditi di lavoro dipendente prestato all'estero:

- redditi di soggetti residenti, derivanti da attività di lavoro dipendente prodotte all'estero in Paesi diversi da quelli di confine o limitrofi;

- redditi di soggetti residenti che, pur collocati nello speciale ruolo estero, soggiornano all'estero per meno di 183 giorni in un periodo di 12 mesi.

Si osserva, infine, che, a norma del secondo periodo del richiamato articolo 3 comma 2, i soggetti che percepiscono i suddetti redditi "non possono in alcun caso essere considerati fiscalmente a carico".

Tali redditi dovranno, inoltre, essere dichiarati dal percettore, in caso di richiesta di prestazioni sociali agevolate alla Pubblica Amministrazione, per la valutazione della situazione economica.




Fonte: Agenzia Entrate


Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Conservazione fatture elettroniche.

Più agevole la conservazione sostitutiva dei documenti analogici privi di riferimento temporale e di firma digitale. L'agenzia delle Entrate dà il suo ok alla possibilità di acquisire direttamente l'immagine ottenuta tramite lo spool di stampa, senza dover necessariamente procedere preventivamente alla materializzazione del documento su supporto fisico. A condizione, però, che l'immagine così acquisita rispecchi in maniera fedele, corretta e veritiera il contenuto rappresentativo del documento.

La rilevante novità è contenuta nella risoluzione n. 158/E del 15 giugno, con cui l'Agenzia fornisce la propria interpretazione in merito ad alcuni quesiti e alle relative soluzioni prospettate da un'associazione di categoria aderente a Confindustria per "agevolare il transito verso la digitalizzazione della documentazione fiscale, eliminando le barriere di natura formale".

Riferimento temporale dei documenti informatici rilevanti ai fini tributari

L'istante fa presente che la normativa vigente prevede l'esistenza di una duplice indicazione temporale: una ha la funzione di attestare la data di formazione del documento (decreto Mef 23 gennaio 204, articolo 3), l'altra è richiesta dalla disciplina Iva (articolo 21 del Dpr 633/1972) laddove prevede l'apposizione della data e della numerazione progressiva della fattura, garantite mediante riferimento temporale e firma elettronica qualificata dell'emittente. La proposta dell'associazione è quella di far coincidere il riferimento temporale con la data della fattura.

L'Agenzia evidenzia che può verificarsi, in modo particolare nei casi di fatturazione differita, la non coincidenza tra la data di formazione del documento, attestata dal riferimento temporale, e quella di emissione, indicata sulla fattura. In tale ipotesi, l'amministrazione ha interesse a conoscere quando il documento è stato formato, per verificarne il rispetto dei tempi di formazione e conservazione, soprattutto in relazione a quelli non emessi, che rimangono cioè nella disponibilità del contribuente.

Pertanto, la fattura elettronica, come ogni altro documento informatico rilevante ai fini delle disposizioni tributarie, deve presentare il riferimento temporale.

Conservazione delle fatture elettroniche

Deve avvenire con cadenza almeno quindicinale a partire dalla data di invio o ricezione delle stesse (articolo 3, comma 2, Dm 23 gennaio 2004). L'associazione propone, invece, di far decorrere il termine dalla data di registrazione della fattura nella contabilità, visto che il documento non è suscettibile di modifiche.

Sul punto, l'Agenzia ribadisce, non essendo intervenuta alcuna novità normativa, il chiarimento già espresso con la circolare 45/2005 (e poi ribadito con la risoluzione 161/2007): il procedimento di conservazione delle fatture elettroniche deve concludersi entro 15 giorni dal ricevimento o dall'emissione delle stesse, come previsto dal decreto ministeriale.

Stampa dei documenti analogici rilevanti ai fini tributari

Pur prodotti nella maggior parte dei casi tramite strumenti informatici, i documenti richiesti dalle disposizioni tributarie, per acquisire rilevanza a quei fini, devono essere materializzati su supporto fisico. L'istante propone di generare un'immagine digitale statica del documento ("spool"), procedendo alla stampa solo in caso di accessi, ispezioni e verifiche.

L'Agenzia, invece, conferma che la materializzazione su supporto fisico (in particolare, la stampa su carta) è un adempimento indispensabile perché un documento analogico, carente dei requisiti per essere considerato informatico fin dalla sua origine (riferimento temporale e firma elettronica qualificata), possa ritenersi giuridicamente esistente e rilevante ai fini delle disposizioni tributarie.

Conservazione sostitutiva dei documenti analogici

L'acquisizione dell'immagine dei documenti analogici privi, come già accennato, di riferimento temporale e di firma elettronica, è necessaria per la sua esistenza e, di conseguenza, per la sua conservazione sostitutiva. Solo con la materializzazione, infatti, il documento può considerarsi giuridicamente esistente e rilevante ai fini fiscali. L'istante suggerisce di ottenere l'immagine tramite lo spool di stampa.

L'Agenzia ricorda, in via preliminare, il quadro normativo che disciplina la conservazione dei documenti analogici. In particolare, l'articolo 4, comma 1, del Dm 23 gennaio 2004, in base al quale "il processo di conservazione digitale di documenti e scritture analogici rilevanti ai fini tributari avviene mediante memorizzazione della relativa immagine", e la deliberazione 11/2004 del Cnipa, che definisce la memorizzazione come la "trasposizione su un qualsiasi idoneo supporto".

Pertanto, poiché le citate disposizioni non specificano con quale sistema debba avvenire l'acquisizione dell'immagine, è possibile avvalersi dello spool di stampa, purché il contenuto del documento sia rappresentato in maniera fedele. Per quanto riguarda le fatture, ad esempio, dall'immagine si devono poter ricavare tutti gli elementi essenziali alla loro identificazione.

Invio dell'impronta dell'archivio informatico

Ritenendo che la finalità della disposizione contenuta nell'articolo 5 del Dm 23 gennaio 2004 (invio alle Agenzie fiscali dell'impronta dell'archivio informatico oggetto della conservazione, della relativa sottoscrizione elettronica e della marca temporale) sia esclusivamente quello di rendere noti all'Amministrazione finanziaria i nominativi di coloro che adottano sistemi di conservazione sostitutiva dei documenti fiscalmente rilevanti, l'associazione propone di trovare un mezzo di comunicazione meno oneroso per il contribuente.

L'Agenzia rileva che quanto richiesto dalla norma non è finalizzato solo a comunicare all'Amministrazione i nominativi di coloro che intendono adottare sistemi di conservazione sostitutiva, ma serve anche a garantire che sia l'archivio sia i documenti che lo compongono non sono suscettibili di modifiche. A tal proposito, viene ricordato che, come stabilito dal decreto Mef del 6 marzo 2009, l'invio dell'impronta dell'archivio informatico dovrà avvenire entro il quarto mese successivo alla scadenza dei termini delle dichiarazioni Irpef, Irap e Iva (Dpr 322/1998) e non più entro il mese successivo.

Distinzione tra fatture analogiche e fatture elettroniche

L'istante propone di non adottare una classificazione "rigida" tra le due tipologie di documento, consentendo in tal modo a chi emette un numero limitato di fatture elettroniche di stamparne una copia da conservare secondo le regole di quelle analogiche. Il suggerimento è finalizzato a semplificare l'obbligo di fatturazione elettronica nei rapporti con le Amministrazioni dello Stato, gli Enti pubblici nazionali e le Regioni, introdotto dalla Finanziaria 2008 (articolo 1, commi 209-213, legge 244/2007).

Il contribuente, chiarisce l'Agenzia, può emettere fatture elettroniche e consegnarle o spedirle anche in formato cartaceo. In tal caso, anche la conservazione può avvenire nel medesimo formato (articolo 39 Dpr 633/1972; vedi anche circolare 45/2005, punto 3.1.2). La conservazione cartacea, però, non sarà più consentita quando l'obbligo di fatturazione elettronica previsto dalla Finanziaria 2008 diverrà operativo, in base a quanto stabilito dal regolamento in attesa di emanazione.



Fonte: Agenzia Entrate


Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Assegni corrisposti all'ex coniuge.

Gli assegni alimentari corrisposti alla ex moglie sono deducibili dal reddito anche se non versati materialmente quando, per effetto di una sentenza del tribunale, sono compensati con la parte dell'indennità di fine rapporto del marito che il coniuge divorziato deve restituire perché percepita in misura maggiore di quella spettante. Per lo stesso meccanismo di compensazione, gli alimenti si considerano effettivamente percepiti dalla moglie e quindi soggetti a tassazione.

Il chiarimento dell'Agenzia, contenuto nella risoluzione 157/E del 15 giugno, scaturisce dall'interpello di un contribuente che, su sentenza del tribunale, corrisponde gli alimenti alla ex moglie subendo una trattenuta dall'Inps sulla propria pensione. L'istante ha in seguito intrapreso un'azione legale nei confronti della ex moglie perché ritiene di averle versato una somma, come parte della propria liquidazione, superiore a quella dovuta. Il tribunale ha deciso che la ex moglie deve restituire tale cifra e che ciò avvenga ordinando all'Inps di non effettuare più la trattenuta sulla pensione del contribuente fino a quando non abbia fine il credito.

L'istante ritiene, quindi, di poter continuare a dedurre gli assegni corrisposti alla moglie anche se, in base a quanto disposto dal giudice, non vi è un'erogazione materiale. Provvederebbe, inoltre, a comunicare alla ex moglie, con raccomandata, l'importo trattenuto ogni anno dalla somma totale dovuta.

L'Agenzia ricorda, preliminarmente, che sono deducibili dal reddito "gli assegni periodici corrisposti al coniuge… nella misura in cui risultano da provvedimenti dell'autorità giudiziaria" (articolo 10, comma 1, lettera c, del Tuir). Per il coniuge che li percepisce gli assegni sono assimilati a redditi da lavoro dipendente e quindi soggetti a Irpef (articolo 50, comma 1, lettera i del Tuir).

Le somme corrisposte una tantum, invece, non rientrano tra gli oneri deducibili e non vanno tassate in capo al coniuge che li percepisce. Tra queste, anche la liquidazione di fine rapporto di lavoro, una percentuale della quale, in base alla legge 898/1970 (articolo12-bis), spetta al coniuge anche se maturata dopo la sentenza di divorzio.

Nel caso in esame, il tribunale ha deciso che la parte in eccesso ricevuta dalla moglie venga restituita attraverso la non corresponsione degli alimenti da parte del marito, in base a una procedura di compensazione. Di conseguenza, l'Agenzia, concordando con l'ipotesi del contribuente, stabilisce che egli può dedurre gli assegni dal proprio reddito perché vengono rispettate le condizioni previste dall'articolo 10 del Tuir: gli alimenti sono stabiliti per decisione dell'autorità giudiziaria e sono effettivamente sostenuti, in questo caso con la compensazione. In virtù dello stesso meccanismo, gli assegni sono considerati effettivamente percepiti dalla moglie che dovrà, quindi, assoggettarli a tassazione.



Fonte: Agenzia Entrate


Pubblicato da Il Commercialista in Rete 0 commenti



Donazioni tramite datore di lavoro.

Il dipendente che effettua donazioni tramite il datore di lavoro può fruire della deducibilità della somma elargita in sede di dichiarazione dei redditi, in alternativa alla detrazione in sede di conguaglio. Questi in sintesi i chiarimenti forniti dall'agenzia delle Entrate nella risoluzione n. 160/E del 15 giugno.

La questione trae origine da un interpello presentato da una società che ha intenzione di promuovere tra i propri dipendenti un programma di payroll giving denominato "un'ora che vale una vita", consistente nella raccolta di fondi tra i propri dipendenti da destinare a specifiche iniziative promosse da alcune Onlus.

Allo scopo di incentivare le donazioni e facilitare gli adempimenti a carico degli stessi lavoratori, la società intende effettuare i versamenti per conto dei dipendenti adottando una specifica procedura che sottopone all'esame dell'agenzia delle Entrate, per sapere se la stessa sia idonea ad assicurare la piena tracciabilità dell'operazione di raccolta e versamento dei contributi e la riferibilità dell'erogazione all'effettivo donante, al fine di consentire, in sede di conguaglio, la detrazione d'imposta del 19% dell'importo trattenuto a titolo di erogazione liberale o, in alternativa, in sede di dichiarazione dei redditi (modello 730 o modello Unico), la deduzione della somma donata.

L'agenzia delle Entrate ribadisce, in primo luogo, l'orientamento espresso nella risoluzione 441/2008, secondo il quale il datore di lavoro, nella veste di sostituto d'imposta, può riconoscere, in sede di conguaglio, la detrazione corrispondente al 19% dell'importo da esso trattenuto al dipendente e versato per suo ordine e conto alla Onlus a titolo di erogazione liberale, ai sensi e nei limiti dell'articolo 15, comma 1, lettera i-bis), del Tuir, rispettando le procedure precisate nella stessa risoluzione.

L'agenzia delle Entrate adesso completa, introducendo un elemento di novità, le istruzioni relative alle donazioni effettuate tramite il datore di lavoro, precisando che una procedura analoga a quella già descritta nella citata risoluzione 441/2008 consente al dipendente di fruire, in alternativa alla detrazione, della deducibilità dal reddito complessivo della somma donata, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, del Dl 35/2005.

Nel caso oggetto di interpello, la procedura proposta, con le precisazioni dell'Amministrazione finanziaria, è stata ritenuta idonea a garantire la tracciabilità del versamento e la riferibilità dell'erogazione all'effettivo donante, così da consentire la detrazione o, in alternativa, la deduzione.

Adempimenti del dipendente

Il dipendente:

autorizza singolarmente, con apposito modulo di adesione, la trattenuta dell'ora di stipendio con l'indicazione del mese o dei mesi di riferimento, e conferisce, sempre nel modulo di adesione, mandato con rappresentanza alla società a effettuare - in suo nome e per suo conto - l'erogazione liberale a favore della Onlus indicata in tale modulo, tramite postagiro

manifesta la volontà, nel modulo di adesione o in un altro apposito modulo, di scegliere la detraibilità ai sensi dell'articolo 15, comma 1, lettera i-bis), del Tuir, o la deducibilità dal reddito complessivo, ai sensi dell'articolo 14, comma 1, del decreto legge 35/2005

si avvale, nel caso abbia optato per la deduzione, della stessa in sede di dichiarazione dei redditi (modello 730 o modello Unico).

Adempimenti del datore di lavoro

La società:

trattiene, sulla base del mandato del dipendente, l'importo corrispondente all'ora o alle ore di stipendio nel mese o nei mesi prefissati, indicando sul relativo cedolino una voce esplicativa dalla quale risulti che l'importo viene trattenuto per essere versato - a titolo di erogazione liberale - a una determinata Onlus

provvede mensilmente, sulla base del mandato, a effettuare, sugli specifici conti correnti postali intestati alle Onlus, il relativo versamento, specificando nella causale che l'erogazione liberale viene effettuata in nome e per conto dei dipendenti mandanti, con l'indicazione del numero degli stessi e il relativo mese di riferimento. Il versamento viene effettuato non oltre il giorno 20 del mese successivo a quello di effettuazione della trattenuta sul relativo cedolino

compila e trasmette a ciascuna Onlus, in relazione a ciascun postagiro, un elenco in duplice copia, contenente i nominativi dei donanti, l'importo a ciascuno trattenuto e versato, il mese in cui è stata effettuata la trattenuta, la data e gli estremi del versamento. Ciascuna Onlus restituisce alla società una copia dell'elenco corredata da una dichiarazione di ricevuta, sottoscritta dal rappresentante legale, della somma totale a essa versata con gli estremi del postagiro

rilascia nominativamente a ciascun dipendente/donante una specifica attestazione riepilogativa di tutte le erogazioni effettuate alle varie Onlus prescelte, la quale conterrà, oltre i dati della società, una dichiarazione degli importi mensili trattenuti al dipendente in relazione alla Onlus destinataria, i dati del relativo versamento effettuato a titolo di erogazione liberale in nome e per conto del dipendente, gli estremi del versamento stesso (data e numero di conto corrente intestato alla Onlus)

si fa carico di far attestare da ogni Onlus l'entità complessiva dell'erogazione ricevuta dal singolo dipendente

nel caso in cui il dipendente abbia optato per la detrazione, riconoscerà la stessa in sede di conguaglio di fine anno o di fine rapporto.